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le, uno il spacio inmenso che chiamar possiamo libe-
ramente vacuo: in cui sono innumerabili et infiniti
globi, come vi è questo in cui vivemo e vegetamo noi.
Cotal spacio lo diciamo infinito, perché non è raggio-
ne, convenienza, possibilità, senso o natura che debba
finirlo: in esso sono infiniti mondi simili a questo, e
non differenti in geno da questo; perché non è raggio-
ne né difetto di facultà naturale, dico tanto potenza
passiva quanto attiva, per la quale, come in questo
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Letteratura italiana Einaudi
Giordano Bruno - De l infinito, universo e mondi
spacio circa noi ne sono, medesimamente non ne sie-
no in tutto l altro spacio che di natura non è differen-
te et altro da questo.
albertino Se quel ch avete prima detto è vero (come
sin ora non è men verisimile che l suo contraditto-
rio), questo è necessario.
filoteo Estra dumque l imaginata circonferenza e
convesso del mondo, è tempo: per che vi è la misura e
raggione di moto, per che vi sono de simili corpi mo-
bili. E questo sia parte supposto, parte proposto circa
quello ch avete detto come per prima raggione
dell unità del mondo. Quanto a quello che seconda-
riamente dicevate, vi dico che veramente è un primo e
prencipe motore; ma non talmente primo e prencipe,
che per certa scala, per il secondo, terzo et altri, da
quello si possa discendere, numerando, al mezzano et
ultimo: atteso che tali motori non sono, né possono es-
sere; perché dove è numero infinito, ivi non è grado né
ordine numerale, benché sia grado et ordine secondo
la raggione e dignità o de diverse specie e geni, o de
diversi gradi in medesimo geno e medesima specie.
Sono dumque infiniti motori cossì come sono anime
infinite di queste infinite sfere: le quali perché sono
forme et atti intrinseci, in rispetto de quali tutti è un
prencipe da cui tutti dipendono, è un primo il quale
dona la virtù della motività a gli spirti, anime, dèi, nu-
mi, motori; e dona la mobilità alla materia, al corpo,
all animato, alla natura inferiore, al mobile. Son dum-
que infiniti mobili e motori, li quali tutti se riducono a
un principio passivo et un principio attivo, come ogni
numero se riduce all unità; e l infinito numero e
l unità coincideno; et il summo agente e potente fare il
tutto, con il possibile esser fatto il tutto, coincideno in
uno: come è mostrato nel fine del libro Della causa,
principio et uno. In numero dumque e moltitudine è
infinito mobile et infinito movente; ma nell unità e sin-
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golarità è infinito immobile motore, infinito immobile
universo: e questo infinito numero e magnitudine, e
quella infinita unità e semplicità, coincideno in uno
semplicissimo et individuo principio, vero, ente. Cossì
non è un primo mobile, al quale con certo ordine suc-
ceda il secondo in sino a l ultimo, opur in infinito; ma
tutti gli mobili sono equalmente prossimi e lontani al
primo e dal primo et universal motore: come (logica-
mente parlando) tutte le specie hanno equal raggione
al medesimo geno, tutti gli individui alla medesima
specie. Cossì da un motore universale infinito, in un
spacio infinito, è un moto universale infinito da cui
dependeno infiniti mobili et infiniti motori, de quali
ciascuno è finito di mole et efficacia. Quanto al terzo
argomento, dico che nell etereo campo non è qualche
determinato punto a cui come al mezzo si muovano le
cose gravi, e da cui come verso la circonferenza se di-
scostano le cose lievi; perché nell universo non è mez-
zo né circonferenza: ma (se vuoi) in tutto è mezzo, et
in ogni punto si può prendere parte di qualche circon-
ferenza, a rispetto di qualche altro mezzo o centro. Or
quanto a noi, respettivamente si dice grave quello che
dalla circonferenza di questo globo si muove verso il
mezzo; lieve quello che secondo il contrario modo,
verso il contrario sito: e vedremo che niente è grave,
che medesimo non sia lieve; perché tutte le parti de la
terra successivamente si cangiano di sito, luogo e tem-
peramento; mentre per longo corso di secoli, non è
parte centrale che non si faccia circonferenziale, né
parte circonferenziale che non si faccia del centro o
verso quello. Vedremo che gravità e levità non è altro
che appulso de le parti de corpi al proprio continente
e conservante, ovumque il sia; però non sono differen-
ze situali che tirano a sé tali parti, né che le mandano
da sé: ma è il desio di conservarsi, il quale spenge ogni
cosa come principio intrinseco, e (se non gli obsta im-
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